Soffri sempre di reflusso? Non basta controllare l’acidità, ecco gli esami del sangue da fare subito

Chi soffre costantemente di reflusso sa bene quanto sia fastidiosa questa condizione: bruciore, dolore retrosternale, rigurgito acido e sensazione di nodo alla gola possono compromettere la qualità della vita quotidiana. Spesso si pensa che sia sufficiente controllare l’acidità gastrica con farmaci, ma trascurare il motivo per cui il disturbo persiste o peggiora potrebbe portare a complicanze anche serie. In presenza di sintomi cronici o atipici, oppure quando la terapia classica non dà risultati, è fondamentale uno sguardo più approfondito, che parte dagli esami ematici. Comprendere quali indagini siano utili e perché può fare la differenza nella gestione e prevenzione delle complicanze del reflusso gastroesofageo.

Perché il controllo dell’acidità non basta nel reflusso cronico

L’approccio standard al reflusso gastroesofageo prevede l’uso di farmaci che riducono la produzione di acido, come gli Inibitori della Pompa Protonica (IPP), e stili di vita salutari. Tuttavia, questa strategia può mascherare il problema senza risolverne le cause profonde, soprattutto se i sintomi si ripresentano regolarmente o peggiorano col tempo. Solo il controllo dell’acidità potrebbe non evitare l’insorgenza o l’aggravarsi di complicanze come l’esofagite erosiva, l’anemia da sanguinamenti occulti, le lesioni precancerose (esofago di Barrett), o l’eventuale associazione con patologie sistemiche.

Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati per lunghi periodi: gli IPP possono influire su varie funzioni corporee, compreso l’assorbimento di micronutrienti essenziali e il rischio di infezioni.

I principali esami ematici da effettuare con reflusso persistente

I test del sangue non sono fondamentali per la diagnosi primaria della malattia da reflusso, che si basa soprattutto su anamnesi e sintomi tipici. Tuttavia, diventano cruciali nei casi di reflusso cronico, quando il medico sospetta complicanze o quando il paziente riferisce sintomi d’allarme come dimagrimento, difficoltà nella deglutizione (disfagia), anemia, o sanguinamenti occulti. Gli esami sanguigni più indicati includono:

  • Emocromo completo: fondamentale per rilevare la presenza di anemia, che può essere dovuta a micro-sanguinamenti delle mucose esofagee erose dal reflusso cronico. L’anemia, in particolare quella da carenza di ferro, è spesso un indicatore indiretto di ulcerazioni e perdita di sangue non evidente.
  • Dosaggio del ferro, ferritina e transferrina: utili per approfondire la natura di un’eventuale anemia e individuare carenze specifiche, anche in assenza di sanguinamenti acuti evidenti.
  • Vitamina B12 e folati: elementi necessari per una corretta formazione dei globuli rossi, la cui carenza può evidenziare alterazioni dell’assorbimento intestinale o effetti collaterali delle terapie continuative con IPP.
  • Funzionalità epatica e renale: per escludere patologie concomitanti in corso di farmaci cronici, che possono essere controindicati in presenza di insufficienza d’organo.
  • Calcio e magnesio: alcuni farmaci antiacido possono alterare l’assorbimento di questi minerali, aumentando il rischio di complicanze a carico del sistema nervoso e muscolare.

Nei casi in cui la terapia si prolunga o quando vi sono sintomi non tipici, questi esami permettono di monitorare non solo le complicanze del reflusso, ma anche gli effetti secondari delle cure stesse, fornendo un quadro complessivo sulla salute.

Esami strumentali: quando sono necessari e cosa può suggerire il sangue

Quando il quadro clinico suggerisce la presenza di complicanze o le terapie standard non sortiscono effetto, il gastroenterologo può richiedere ulteriori indagini di approfondimento. L’esecuzione di esami del sangue non sostituisce gli esami strumentali più accurati, ma può indirizzare il medico nella scelta delle indagini più appropriate.

  • Gastroscopia: viene indicata soprattutto in caso di segni d’allarme come perdita di peso, anemia o sanguinamenti occulti (ad esempio test positivo al sangue occulto fecale). Consente di visualizzare direttamente eventuali lesioni mucose, erosioni, ulcere o alterazioni precancerose come l’esofago di Barrett.
  • pH-metria delle 24 ore e pH-impedenziometria: sono esami di secondo livello in caso di sintomi atipici o risposta inadeguata ai farmaci, capaci di quantificare il reflusso acido e non acido nell’arco della giornata e di valutare la correlazione tra sintomi e reflussi.
  • Manometria esofagea: utile per indagare eventuali problemi motori dell’esofago o deficit funzionale dello sfintere esofageo inferiore.

La combinazione tra dati ematici e indagini strumentali permette non solo di identificare precocemente le complicanze, ma di adottare una strategia personalizzata di trattamento e prevenzione, ottimizzando il percorso diagnostico-terapeutico.

Quando rivolgersi al medico e come prevenire complicanze

L’insorgenza di sintomi ricorrenti o persistenti suggerisce sempre la necessità di una valutazione specialistica. Non bisogna attendere che si manifestino segnali d’allarme come disfagia, dimagrimento, vomito con sangue o anemia accertata: il tempestivo inquadramento consente di ridurre i rischi a lungo termine.

Spesso la gestione ottimale del reflusso dipende dall’individuazione di fattori aggravanti (fumo, obesità, alimenti irritanti, farmaci gastrolesivi), dall’aderenza alla terapia e dal monitoraggio regolare delle condizioni generali con esami del sangue mirati. Nella maggior parte dei casi, una diagnosi precoce e una terapia adeguata consentono di controllare efficacemente il disturbo, ma la sorveglianza continua è necessaria per i pazienti con sintomi di durata superiore ai 6-12 mesi o con fattori di rischio specifici.

Un monitoraggio costante non riguarda solo l’acidità gastrica: prestare attenzione ai valori di emocromo, ferro, anemia e funzionalità degli organi principali è alla base di una medicina preventiva efficace. Grazie a questi strumenti, insieme a una comunicazione aperta col proprio medico, è possibile ridurre il rischio di complicanze silenziose e migliorare notevolmente la qualità della vita anche in presenza di una malattia cronica come il reflusso.

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